INTRODUZIONECon questa pubblicazione intendo far conoscere, finalmente, come nella mia scuola affronto i temi ed i problemi più complessi, in qualche caso ancora insoluti, relativi all’insegnamento-apprendimento del wing chun. L’importanza di quest’arte non può essere confinata alla tecnica soltanto. Se ci guardiamo attorno ci rendiamo conto che tanti sistemi sono venali. Avendo una generica familiarità (conoscenza nozionistica) con le tecniche di combattimento insegnate, cercano il loro tornaconto insegnando, appunto, soltanto le tecniche, cioè quello che si dovrebbe-potrebbe fare per reagire ed uscire da situazioni difficili di scontro non volute. Purtroppo la conoscenza superficiale di una materia è spesso più nociva dell’ignoranza assoluta. Questo comportamento li spinge a gonfiare le proprie capacità per sbalordire il prossimo, creando situazioni di allenamento, dove con divieti e obblighi mantenuti con eccessiva (ossessiva) severità, condizionano gli allievi, privandoli della loro libertà di espressione (motoria), cioè, dell’unica realtà dove potersi osservare per come si è realmente e creare, così, una base solida per iniziare una reale e decisiva crescita. Non basta esercitarsi quotidianamente, se lo si fa in maniera sbagliata non si raggiunge lo scopo. Può accadere di seguire fedelmente una via, credendo in buona fede che sia giusta, e invece non lo è affatto. Tutto ciò che ci giunge per via orale o scritta, o per immagini, viene interpretato ed elaborato, ognuno con il proprio sistema individuale (il proprio vissuto sia psicologico che motorio), creando la natura del conflitto, fornendoci una moltitudine di modelli. Vuol dire che nel praticare le varie forme e le sequenze, in realtà, ci mascheriamo in quello che non siamo, copiando il più fedelmente possibile quello che dovremmo fare nelle situazioni critiche. Si percorre la via del cosciente, come se la volontà fosse in grado di controllare tutte le funzioni dell’organismo. Invece no, non può farlo. Sarebbe più utile e alla fine anche più sbrigativo imparare ad osservarci. Osservare cioè, il perché, il nostro organismo, non si muove e non reagisce (automaticamente) come insegnano le forme, e soprattutto le sequenze, invece di costringerlo ad eseguirle con movimenti correttivi, quindi, forzati e volontari. Infatti, il corpo che non ha raggiunto la consapevolezza, tende a reagire, alle situazioni critiche nelle quali non possiamo attuare un controllo volontario, con reazioni diverse da quelle che sono state studiate ed apprese nella pratica da palestra, quindi, come se non ci fossimo mai addestrati, o per lo meno, non come dovrebbe in relazione alle ore ed anni d’allenamento. Una piccola deviazione iniziale diventa col tempo una divergenza incolmabile. Quando si parla di diverse scuole e di vari stili, la gente pensa che ci si riferisca alle varie tecniche nell’arte di combattimento, ma non è così. L’etica del mio sistema è diversa, sia nella teoria e sia nella pratica, da quella delle altre scuole. È ormai chiaro a tutti e quindi auspicabile, che molte metodologie d’allenamento-apprendimento giunte a noi insieme allo stile praticato, ritenute quindi tradizionali, e mantenute perciò con rigore dogmatico, possano essere rivisitate e rilette sulla base dei progressi e conoscenze raggiunte dalla biologia, dalla fisiologia e dalle scienze umane, e far chiarezza fra le tante teorizzazioni e gli eclettismi che caratterizzano le metodologie di alcune scuole di arti marziali. Sarà, ma quando mi sposto per lavoro, preferisco farlo su di un bel mezzo moderno e non con un mezzo tradizionale come la carrozza ( meglio la sua naturale evoluzione). Sono convinto che l’esperienza acquisita e la solida preparazione, possa aiutare a districarsi dall’intricata matassa degli pseudo-problemi dell’allenamento (apprendimento), e dalle controversie fra scuole di pensiero presenti nel campo delle arti marziali. Nella mia scuola c’è una ricerca. Sostenere un’opinione piuttosto che un’altra significa dar prova d’un atteggiamento dogmatico anziché scientifico. Uno dei nodi più difficili d’ogni controversia è il saper distinguere tra “la disputa attorno alle parole” e “la disputa attorno ai fatti”, non dovrebbe essere tanto complicato, ma invece, in pratica lo è. Come ho già detto, l’etica della mia scuola (sistema) è diverso, sia nella teoria e sia nella pratica, da quella delle altre scuole; la scelta a favore della ricerca, e di un’attenta programmazione e pratica didattica per l’apprendimento, modifica anche la figura dell’istruttore (dell’insegnante e del maestro), non più come individuo ignaro o quasi dei problemi che ogni allievo pone, legato alla routine e all’immutabilità del suo insegnamento, ma come esperto che ha consapevolezza delle tecniche, le sa scegliere ed organizzare per rendere più incisiva ed efficace la sua azione “educativa”. Alcune scuole custodiscono gelosamente (e avidamente) forme, sezioni, e applicazioni, generando desideri e bramosia nell’allievo, che vuole, a tutti i costi, vedere ed addestrarsi in tali pratiche, perché ritenute superiori o più funzionali di altre, e soprattutto, di quelle che conosce lui. Ecco che vengono così creati ( inventati) i famosi e leggendari segreti, tanto cercati, perché ritenuti in grado di cambiare all’improvviso, e in maniera concreta, la nostra efficacia, trasformandoci in intoccabili, veri mostri del kung-fu. Questi segreti sono utili perché sono il capro espiatorio, l’alibi dei nostri insuccessi, motivo e sfogo delle nostre frustrazioni. Si! Non riesco a reagire ed uscire da situazioni dove il mio avversario (o anche l’istruttore o il maestro) dimostra la sua superiorità, perché io non conosco la tecnica, la sezione avanzata (la mossa segreta) e lui si. Non esistono veri e propri segreti, come non esistono tecniche per principianti e tecniche per esperti. Nel wingTchun ci sono reazioni che possono essere assorbite solo quando il corpo, e non la mente, ha sviscerato, elaborato ed acquisito quella particolare abilità, con cui si possono generare ed applicare quelle tecniche apprese nella ripetizione continua di sequenze di movimenti (sezioni). Altre, invece, possono essere intese e quindi applicate abbastanza presto. L’insegnamento che attuo nella mia scuola consiste nell’esaminare con grande scrupolo le capacità dell’allievo, per cercare di individuare le carenze e permettere un recupero motorio, permettendogli di esprimere tutto il suo potenziale, proponendogli, all’inizio, esercizi che gli risultano più facile, che può acquisire rapidamente, e poi in rapporto al suo talento e costanza passo ai livelli più complessi. E attenzione, non mi riferisco alle tecniche o programmi avanzati. Ma esercizi, allenamenti per addestrare il corpo, percepirlo e controllarlo affinché si possano liberare tutti i blocchi (difese) posturali, e permettere lo sviluppo massimale di intere catene cinetiche, per interpretare e rendere più efficienti le forme, le tecniche e le sequenze apprese. Anche per dimostrare questo, nella mia scuola, si praticano tutte le tre forme compresa quella all’uomo di legno, fin da subito. Vengono usate come riscaldamento, per avere una visione globale dell’intero repertorio di movimenti (reazioni) che si andranno a studiare negl’anni, e per comprendere concettualmente il percorso d’apprendimento. Di fatto, è fondamentale che ognuno capisca il perché deve praticare alcune tecniche o esercizi invece di altri, ogni cosa che fa deve essere motivata per essere praticata ad arte. Visto che ogni forma insegna dei concetti ben precisi, per i quali, però, è necessario, per poter metterli in pratica, di ben precisi presupposti. Presupposti che il wing chun da per scontato che siano in possesso del praticante. Invece, non è affatto così. È un grosso dispendio d’energia praticare quotidianamente con precisione e dedizione (tutte qualità lodevoli) intere sequenze di movimenti, forme ed applicazioni, pensando che basti per acquisire l’abilità e l’efficienza per poterle applicare in combattimento. Anche se si rispetta e si esegue fedelmente tutto ciò che ci viene detto, scritto o fatto vedere, si può giungere al nulla ( e qui “nulla” non ha niente a che fare con il concetto del “nulla” taoista ) Esempio pratico? Tutti noi sappiamo stare in piedi (?), quindi se tutti rispettassimo fedelmente alcune direttive orali, scritte e visive, per raggiungere una determinata posizione (configurazione), tutti noi ne raggiungeremmo una identica, con i medesimi effetti e vantaggi. Provate ad interpretare ed eseguire queste facili direttive da posizione in piedi: - Apertura naturale delle gambe (larghezza spalle o bacino).
- Gambe piegate con angolo al ginocchio di circa 120°.
- Con punta dei piedi più dentro dei talloni (non è essenziale che siano a 45°).
- Ginocchia orientate verso l’interno.
- Sedere in dentro.
- Schiena dritta.
- Spalle rilassate.
- Testa eretta con il mento spinto leggermente in dietro.
- Respirazione diaframmatica.
Anche se avete rispettato rigorosamente le istruzioni, è molto probabile che non siate nella stessa posizione, infatti, se provate a farvi spingere da qualsiasi posizione, opponendovi con una mano, non dovrebbe essere affatto facile spostarvi. E già adesso, dovrebbe essere abbastanza chiaro il perché. Non tutti interpretiamo le direttive nello stesso modo, anche se sono corrette, ci forniscono una moltitudine di modelli, e tutti corrispondono in maniera esatta alle direttive. Ma c’è solo un modo per interpretarle per raggiungere un particolare effetto. Ecco cosa può accadere se s’interpretano nell’unico modo corretto (in questo caso specifico) le informazioni. Il vero studio consiste nello scoprire come interpretare. Il vero insegnamento consiste nel far scoprire come interpretare. Non esistono i segreti, e neanche tecniche o programmi per novizi o per esperti, ma solo programmi che possono essere acquisiti abbastanza presto ed altri che possono essere appresi solo dopo aver acquisito precise abilità motorie, altrimenti, rimangono solo come nozioni (conoscenza superficiale). Belle sequenze per poter stupire l’amico nel proprio salotto di casa.
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