Stili esterni e stili interni Esistono due grandi famiglie di metodiche (sistemi) per erogare, generare energia. Una che si concentra, inizialmente, sulla coordinazione e potenziamento di quei distretti muscolari che più sembrano essere coinvolti per ottenere un’alta performance ed efficacia, per capirci, quelli che vengono definiti come “stili esterni”. L’altra metodologia è quella che risponde alla definizione degli “stili interni”, che si concentrano nella percezione e utilizzo cosciente di quella muscolatura che normalmente non sappiamo neanche della loro esistenza (chiaramente esistenza percepita, e non quella anatomica che è certa e conosciuta). Questa muscolatura può essere definita come “muscolatura interna”, in quanto più profonda e più intimamente collegata alla struttura scheletrica e articolare, che se sapientemente e adeguatamente potenziata, è in grado di far nascere (crea quegli effetti, presupposti fondamentali) dei movimenti, che applicati nella tecnica sono in grado di sconfiggere praticamente, qualsiasi altra applicazione di forza impiegata nelle varie arti marziali. Semplificando al massimo, e usando le parole con la dovuta cautela ed attenzione per la falsa interpretazione a cui possono portare, si possono definire gli stili esterni, come sistemi prevalentemente fisici e con una psicologia (delle tecniche) tendente all’attacco, mentre gli stili interni sono più posturali e con una psicologia tendente all’attesa. Chiaramente questa differenza tra stili esterni ed interni è solo metodologica, in quanto, se , e solo se praticati ad arte, quindi con volontà-intelligenza e rettitudine, tutte manifestazioni del CH’I, si arriva naturalmente ai loro opposti, cioè, gli stili interni prendono le caratteristiche degli stili esterni, e quelli esterni le caratteristiche di quelli interni.
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